Frequently Asked Questions - Domande frequenti

FAQs - Domande frequenti

La mia defunta madre ha avuto 2 figli dal primo matrimonio (me e mio fratello) poi ha divorziato e si e' risposata avendo un altro figlio dal secodo marito .Avendo gia' provveduto alla successione ora dovremmo dividere l' eredita'.vorrei sapere come vanno distribuite le quote visto che il secondo marito vorrebbe dare a me e mio fratello, figli del primo matrimonio l'8 % ciascuno del patrimonio del valore di 100.

Secondo lui cosi' suddiviso: il 50% a lui, l'altro 50% il 25% sempre a lui e il restante 25% diviso in 3 (noi 3 figli) cosi da poter un domani lasciare il suo 75% al figlio legittimo poi vuole mettere una clausola sul nostro 8% di non poter ne vendere ne fittare fino alla sua morte.

Vorre infine chiedere, lui sull'eredita' che ci spetta a me e mio fratello, indipendentemente che sia dell'8% o piu' puo mettere clausole oppure no. Grazie

RISPOSTA

Immagino che tua madre sia deceduta senza lasciare alcun testamento, quindi il suo asse ereditario del valore ipotetico di 100 deve essere suddiviso secondo le norme in materia di successione legittima, per la precisione l'articolo 581 del codice civile.

Art. 581 del codice civile. Concorso del coniuge con i figli.

Quando con il coniuge concorrono figli, il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.

Poiché i figli sono tre (senza alcuna distinzione tra i figli di primo letto e di secondo), al coniuge spetta la quota di eredità pari a 1/3.
La quota di 2/3 sarà divisa in egual misura tra i tre figli, quindi ciascun figlio avrà diritto alla quota del 22,22%.

E' ovvio che se un immobile era in comproprietà tra i due coniugi, la moglie resterà proprietaria del suo 50% originario ed in aggiunta erediterà il 33,33% della quota (l'altro 50%) della moglie deceduta.


Il marito ha il diritto di abitazione (una sorta di usufrutto vitalizio) sull'immobile destinato a “casa familiare”, ai sensi dell'articolo 540 del codice civile.

Al coniuge anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni”.

Il Marito non ha il diritto di porre clausola che vietino ai figli di locare o di vendere la propria quota. Tale potere del coniuge non è previsto dalla legge.

Cordiali saluti.

Egregio, le chiedo cortesemente di esprimere un parere in relazione al seguente quesito di  natura condominiale. nel 2010 ho acquistato un appartamento composto da piano terra con giardino e seminterrato sito in un condominio costituito da due distinte palazzine (A,B).  Ora  avrei bisogno di aprire un cancelletto pedonale di piccole dimensioni  che colleghi il mio giardino direttamente al piano piloty del condominio . Tenuto conto che il legislatore e la giurisprudenza sembrano avere un atteggiamento molto comprensivo in argomento (cfr art 1102 cc/art 1120 cc)  distinguendo le modifiche dalle innovazioni  e non prevedendo per le prime alcuna maggioranza qualificata per la loro delibera (art 1136 cc ) come devo regolarmi con il condominio tenuto conto che il regolamento interno, di natura peraltro negoziale, prevede : all'art. 10 " e' vietato in modo assoluto  fare qualsiasi modifica o innovazione  senza il consenso dell'assemblea che potra' autorizzare l'innovazione o la modifica anche in corrispondenza delle singole proprieta' individuali ed in genere ogni  lavoro o variante che possa in qualunque modo avere attinenza con la struttura statica dell'edificio o il suo aspetto architettonico  interno che esterno. all'art 34  ".....saranno  approvate con maggioranza assoluta (sia in prima che in seconda convocazione con la maggioranza  dei partecipanti del condominio che rappresentino almeno i 2/3 del valore dei due edifici)  le deliberazioni riguardanti le innovazioni da eseguirsi per miglioramento e l'uso più comodo  e per ottenere un maggiore rendimento della cosa comune. Saranno prese invece all'unanimità dei partecipanti al condominio (sia in prima che seconda convocazione) le deliberazioni riguardanti le innovazioni che possono interessare la stabilita e la sicurezza dei fabbricati che ne alterino il decoro architettonico e rendano alcune parti dell'edificio inservibili all'uso anche di un solo condomino. In questo contesto normativo prima di tutto vorrei sapere se il regolamento di condominio più restrittivo deroga quanto stabilito dal legislatore / giurisprudenza . In secondo luogo, nel caso il riferimento normativo fosse costituito dalle disposizioni del regolamento di  condominio, quale maggioranza prevista dall'art 34 deve esprimersi in merito all'apertura del cancello pedonale e perche? Ringraziandola per i chiarimenti che vorra' fornirmi  rimango in attesa di un suo riscontro. Distinti saluti

RISPOSTA

La risposta al quesito è piuttosto semplice.
Seguiamo un percorso logico-giuridico.
Quello che intendi realizzare non è un'innovazione ma una modifica.
La giurisprudenza è accomodante circa le modifiche, esattamente come hai scritto tu (cfr art 1102 cc/art 1120 cc).
Il regolamento condominiale di origine contrattuale essendo una norma speciale pattizia, prevale sulla normativa nazionale o sulla giurisprudenza.
Nel tuo caso, il regolamento condominiale nulla dice in merito alle MODIFICHE. Cita la parola “modifica”, per non dire più nulla a tal proposito … 
Anzi, possiamo dire che il regolamento condominiale non regola affatto le modifiche, non indicando la maggioranza necessaria per deliberare.
Le cita … ma non le norma, non le regola ! 

Di conseguenza, in considerazione della lacuna del regolamento condominiale in materia di modifiche (che sono cosa ben diversa dalle innovazioni), si applicheranno gli accomodanti principi della giurisprudenza citati nella tua mail.
IL REGOLAMENTO CONDOMINIALE NON REGOLAMENTA LE MODIFICHE … MI SEMBRA EVIDENTE !

A disposizione per chiarimenti.

Cordiali saluti

Nell'anno 2015, nel mio condominio è stato nominato un nuovo amministratore che ora vorremmo cambiare in occasione dell'assemblea per la presentazione del bilancio in quanto non soddisfatti del suo operato. Alcuni condomini sostengono che con la nuova riforma del condominio la durata dell'incarico sia di due anni e, pertanto, non si possa procedere alla sua revoca Alla scadenza del primo anno. Altri sostengono che alla scadenza del primo anno di mandato, se interviene formale richiesta dei condomini di un'assemblea per la revoca, l'amministratore può essere sollevato dall'incarico. Lo stesso amministratore, dopo aver ricevuto la richiesta di inserire all'o.d.g. la "revoca e nomina nuovo amministratore " sostenuta dalla maggioranza dei millesimi necessaria, ha minacciato alcuni condomini di adire le vie legali contro il condominio (o meglio solo contro i condomini) se ciò avvenisse in quanto l'amministratore, con la nuova legge, durerebbe automaticamente in carica 2 anni salvo revoca per giusta causa. Attendo parere . Grazie

RISPOSTA

L'incarico dell'amministratore, a seguito della riforma del condominio, non è biennale ma è di 1 + 1 anno, salvo revoca da parte del condomini. La durata dell'incarico resta sempre annuale !!!
Al termine del primo anno, se i condomini chiederanno all'amministratore di discutere della sua revoca, in occasione dell'assemblea per l'approvazione del bilancio, l'amministratore dovrà inserire il relativo punto all'o.d.g. 
Ovviamente la richiesta di revoca da inserire nell'o.d.g. deve essere precedente all'assemblea condominiale. Del resto … è sufficiente leggere l'articolo 1129 del codice civile, per giungere alle predette conclusioni. 
“L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore.
La revoca dell'amministratore puo' essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalita' previste dal regolamento di condominio. Puo' altresi' essere disposta dall'autorita' giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell'articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarita'.” 
A disposizione per chiarimenti. 
Cordiali saluti. 

Buongiono come ben potrai immaginare si parla di un aggiornamento del bene, indi penso proprio ne debba rispondere il proprietario (installazione termovalvole e contabilizzatori).

riguardo poi ai consumi, verrà invece chiamato in causa l inquilino, sempre che non sia stato forfettizzato nella rata di affitto.

spero di esserti stato utile.

Buongiorno,Sono proprietario di un appartamento costituito da 7 scale per un totale di 96 condomini. Nell'anno 2006 e' stato creato il condominio e nell'anno 2014 mi sono staccato dall'impianto centralizzato di riscaldamento.

Ora si rende necessaria la completa sostituzione della caldaia condominiale e l'amministratore mi ha inviato il bollettino per il pagamento. Richiedo se devo effettivamente pagare la mia quota. Preciso che i condomini staccatisi ante 2006 non sono inseriti tra coloro che devono pagare e che dopo tale data siamo solo 2 i condomini passati al riscaldamento autonomo. Ringrazio anticipatamente per l'attenzione che vorrete prestare alla mia richiesta ed invio distinti saluti

RISPOSTA

Secondo quanto previsto dalla giurisprudenza di Cassazione, il singolo condomino ha facoltà di rinunciare all'uso della caldaia condominiale, chiedendo il relativo distacco, ma tale rinuncia non comporta altresì la rinuncia alla comproprietà della caldaia e dell'impianto di riscaldamento.
Alla luce di quanto previsto con sentenza della corte di cassazione sezione civile, numero 7708 del 29 marzo 2007, alle spese di sostituzione della caldaia devono partecipare tutti i condomini, anche quelli che sono passati al riscaldamento autonomo.

I giudici argomentano come segue: se ai sensi del quarto comma dell'articolo 1118 del codice civile, “il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma”, a maggior ragione egli dovrà partecipare alle spese per l'acquisto della caldaia nuova, in considerazione del fatto che, nonostante il precedente distacco dal riscaldamento centralizzato, egli è ancora comproprietario della caldaia condominiale, non potendo rinunciare a tale diritti di comproprietà. 

Salve e grazie per l'attenzione, ho la necessità di chiarire due quesiti riguardanti: - la ripartizione delle spese per il rifacimento, impermeabilizzazione, pavimentazione e sistemazione del soffitto sottostante (presenza di infiltrazioni d'acqua e usura della guaina catramata in modo evidente) di un terrazzo di proprietà esclusiva soprastante un box auto non interrato. Prendendo informazioni da vari siti nel quale si illustrano situazioni simili mi è parsa comune la pratica di suddividere le spese in vario modo, ma il proprietario del box auto asserisce di dover considerare il terrazzo come parte integrante dell' appartamento e quindi suggerisce il fatto che a sostenere le spese sia esclusivamente il proprietario del piano superiore.

RISPOSTA

Riguardo questo primo quesito, penso che non possano sorgere dubbi di sorta circa la doverosa applicazione dell'articolo 1126 del codice civile, in ragione dell'esclusiva titolarità del terrazzo. 

Art. 1126 del codice civile. Lastrici solari di uso esclusivo.

Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno. 

Sebbene la norma non faccia espresso riferimento al terrazzo, la giurisprudenza ritiene la presente norma estendibile al terrazzo per analogia con il lastrico. 

Estendibile in ragione della molteplice funzione di un terrazzo … una funzione anche di copertura degli appartamenti sottostanti. 

… ed in ragione di questa funzione, l'argomentazione “dover considerare il terrazzo come parte integrante dell' appartamento” … non ha alcun senso.
Il terrazzo E' parte integrante dell'appartamento, ma ha anche la funzione di copertura degli altri appartamenti, quindi le spese si ripartiscono in ragione dell'articolo 1126 del codice civile.
Vorrei che leggessi le massime delle seguenti sentenze della Cassazione, alla luce delle seguenti direttive. 

FUNZIONE DI COPERTURA DEL TERRAZZO
EQUIPARAZIONE DEL TERRAZZO AL LASTRICO IN RAGIONE DELLA FUNZIONE ESTENSIONE DELL'ARTICOLO 1126 DEL CODICE CIVILE A TUTTE LE SPESE ACCESSORIE. 

"Premesso che il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo a uno dei condomini - ovvero in proprietà esclusiva dello stesso -, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò, ai sensi dell'art. 1126 c.c., le spese per la sua riparazione o ricostruzione sono poste per due terzi a carico del condominio (cfr. Cass. nn. 11029/03, 13858/01, 3542/94, 5125/93 e 1618/87), va osservato che, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, il criterio di ripartizione fra i condomini di un edificio delle spese di manutenzione e riparazione del lastrico solare o della terrazza a livello che serva di copertura ai piani sottostanti, fissato dall'art. 1126 c.c. (un terzo a carico del condominio che abbia l'uso esclusivo del lastrico o della terrazza; due terzi a carico dei proprietari delle unità abitative sottostanti) riguarda non solo le spese per il rifacimento o la manutenzione della copertura, e cioè del manto impermeabilizzato, ma altresì quelle relative agli interventi che si rendono necessari in via consequenziale e strumentale, sì da doversi considerare come spese accessorie (Cass. n. 11449/92)

SECONDA DOMANDA

La ripartizione delle spese per la riparazione di una infiltrazione d'acqua nel tetto, verosimilmente nella parte di guarnizione di un lucernario dove il sottotetto risulta ad uso esclusivo.
In questo caso un condomino suggerisce che le spese siano ad esclusivo carico del proprietario del sottotetto in quanto la perdita è da considerarsi facente parte dell' infisso del lucernario e quindi di responsabilità di quest'ultimo. avrei quindi bisogno di una consulenza autorevole che chiarisse i vari aspetti. 
Spero di essere stato esaustivo nell'esporre le questioni e resto a disposizione per eventuali chiarimenti e produzione di documenti Saluti

RISPOSTA

Anche in questo caso, il criterio per rispondere alla presente domanda è strettamente correlato alla funzione della guarnizione e del relativo lucernario. Un criterio funzionale !
Qual 'è la funzione del lucernario ? A cosa serve ? 

Il lucernario ha funzione di copertura e di impermeabilizzazione della parte sottostante di edificio (parte comune) ?
Mi pare che la risposta sia negativa, quindi il lucernario, da un punto di vista funzionale, è ad uso e consumo del sottotetto, quindi le relative spese devono essere addebitate al proprietario esclusivo del sottotetto. 
In questo caso, il lucernario ha lo scopo esclusivo di dare aria e luce al sottotetto e nessuna utilità per il complessivo edificio condominiale o per singole parti comuni dell'edificio, (comuni come da articolo 1117 del codice civile). 

A disposizione per chiarimenti. 

Cordiali saluti.

Inviaci una domanda compilando il modulo sottostante


captcha
Powered by BreezingForms