Dic 04

La presenza di animali negli appartamenti non può essere impedita e vietata dalle clausole del regolamento condominiale.

La recente legge di riforma del condominio ha introdotto all’articolo 1138 cod. civ. il comma “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici” (art. 16 della legge 11.12.2012 n.220).

La norma recepisce i principi che la giurisprudenza, chiamata nella prassi a pronunciarsi sulla legittimità delle clausole del regolamento condominiale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, ha elaborato nel tempo proprio con riferimento alla disposizione contenente il divieto di detenzione di animali negli spazi privati, distinguendo l’ipotesi in cui la clausola è contenuta nel regolamento assembleare da quella contenuta nel regolamento contrattuale.

Secondo l’elaborazione giurisprudenziale, difatti, gli ordinari regolamenti condominiali, che a mente dell’art. 1138 comma 4, cod. civ. risultano approvati dall’ assemblea dei condomini con il voto non della totalità ma solo, dalla maggioranza dei condomini, non possono contenere clausole implicanti menomazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato comune ad essi individualmente appartenenti in esclusiva. Fra le clausole in questione devono ritenersi incluse quelli recanti il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici, posto che tali disposizioni, nella realtà, incidono, limitandola, sulla facoltà di godimento degli appartamenti.

Dal principio di libertà del singolo condomino di poter godere e disporre come meglio crede della propria proprietà esclusiva deriva che la detenzione degli animali domestici rientra nelle facoltà di godimento del proprietario dell’immobile. Ne consegue che un divieto non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali approvati dalla maggioranza dei partecipanti ma solo in un regolamento contrattuale, dal momento che solo con il consenso unanime è possibile limitare le facoltà comprese nel diritto di proprietà.

Il regolamento condominiale non contrattuale in sostanza non è suscettibile di vincolare la generalità dei comunisti con riferimento a clausole eccedenti i limiti del rispetto dei diritti individuali di ciascun condomino.

Le clausole del regolamento condominiale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà incidono sui diritti dei condomini, quindi tali disposizioni hanno natura contrattuale, in quanto vanno approvate e possono essere modificate con il consenso unanime dei comproprietari, dovendo necessariamente rinvenirsi nella volontà dei singoli la fonte giustificatrice di atti dispositivi incidenti nella loro sfera giuridica (in tal senso Cass. civ. 15 febbraio 2011, n.3705). Tali disposizioni esorbitano dalle attribuzioni dell’assemblea, alla quale è conferito il potere regolamentare di gestione della cosa comune, provvedendo a disciplinarne l’uso e il godimento.

Il Legislatore con l’introduzione del nuovo comma al novellato articolo 1138 del codice civ

ile ha sancito l’impossibilità di apporre limitazioni, nei regolamenti condominiali, alla possibilità di ospitare animali domestici all’interno degli appartamenti.

Nel primo testo di riforma il divieto riguardava gli “animali da compagnia”(cane e gatto); nella stesura finale del nuovo testo, però, il termine “da compagnia” è stato sostituito con animali “domestici”. Una differenza che potrebbe prestarsi a lunghe discussioni nelle aule di giustizia. Mentre dovrebbe sempre essere possibile vietare la presenza di animali esotici (come ad esempio i serpenti), non è così chiaro l’inquadramento degli animali d’affezione che non sempre sono “domestici” in senso proprio, come criceti, furetti o – in certa misura – conigli.

Ricordiamo comunque che il proprietario dell’animale è responsabile, ai sensi dell’articolo 2052 cod. civ., dei danni cagionati dallo stesso e la sua custodia senza le debite cautele può assumere gli estremi di un comportamento censurabile anche sotto il profilo penale ai sensi dell’articolo 672 c.p.

I via libera nei condomini agli “amici a 4 zampe” non è, quindi, così semplice. Salutata come una delle novità rivoluzionarie della riforma, come una vittoria dalle associazioni animaliste, in realtà l’applicazione concreta della norma sugli animali potrebbe risultare più complicata del previsto.

Già all’indomani dell’approvazione della legge, infatti, in molti ne davano un’interpretazione restrittiva per cui il “vietato vietare” varrebbe solo per i regolamenti dei nuovi condomini non potendo il nuovo testo retroattivamente inficiare un accordo contrattuale precedente. Ossia laddove il divieto esiste già non ci sarebbe nulla da fare.

L’accesso degli animali nel condominio, tuttavia, non è fuori da ogni regola. È comunque buona norma rispettare le disposizioni contenute nell’ordinanza del ministero della Salute, entrata in vigore il 23 marzo 2009, che prevede tra l’altro, l’obbligo, per i proprietari dell’animale, di mantenere pulita l’area di passeggio, di utilizzare il guinzaglio in ogni luogo e – nel caso di animali aggressivi – di applicare la museruola. È sempre prevista la responsabilità civile ex articolo 2052 del Codice civile e penale dei proprietari, in caso di danni o lesioni a persone, animali o cose nonché l’obbligo di stipulare, in caso di animali pericolosi, una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni causati da proprio cane contro terzi. Bisogna, infine, rammentare che:

  • gli animali non possono essere lasciati liberi di circolare negli spazi comuni senza le dovute cautele sopra indicate;
  • i proprietari degli animali debbono comportarsi in modo tale da non ledere o nuocere alla quiete e all’igiene degli altri conviventi dello stabile;
  • il condominio, in caso di rumori molesti o di odori sgradevoli per i quali è necessario chiedere la cessazione della turbativa per violazione delle norme sulle immissioni intollerabili ex articolo 844 del Codice civile, può richiedere l’allontanamento dell’animale dall’abitazione in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile;
  • nel caso di immissioni rumorose è possibile ipotizzare, purché ne sussistano le condizioni, il reato di “disturbo del riposto delle persone” (articolo 659 del Codice civile) (l’elemento essenziale di tale fattispecie di reato è, però, l’idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l’effettivo disturbo alle stesse);
  • gli animali non possono essere abbandonati per lungo tempo sul balcone o nelle abitazioni perché si potrebbe ipotizzare il reato di “omessa custodia” (articolo 672 del codice penale).